Mi piacciono le persone “guerriere” nella vita: quelle che rispondono alle sfide tirando le
redini della situazione, quelle che combattono per essere protagoniste del proprio
vivere. Antonella Ferrari è una di queste. Ex ballerina, a causa della sclerosi multipla
ha scelto di vivere fino in fondo la sua arte divenendo autrice e attrice.
La caratterizzano una forza disarmante, una voglia di vivere straordinaria, un sorriso che
riesce ad abbattere qualsiasi interrogativo nei confronti della sofferenza.
Dal 2010 Antonella tiene una rubrica sul settimanale Chi intitolata Un sorriso nel dolore
e dialoga con quanti si trovano ad affrontare la sofferenza per continuare a vivere,
lavorare e sperare.
Il libro Più forte del destino, edito da Mondadori, racconta la sua esperienza di vita
dalla malattia, al lavoro fino ad arrivare allo sguardo degli altri: una visione che non
immagina il disabile protagonista sulla scena, uno sguardo che si riempie di pregiudizi e
si scandalizza di fronte alla normalità della disabilità. Una bella rivincita portata in
scena nello spettacolo Più forte del destino-Tra camici e paillettes la mia lotta alla
sclerosi multipla, scritto e interpretato dalla stessa Antonella con la regia di Arturo
Di Tullio, e prodotto da Adelmo Togliani per Accademia Togliani di Roma. Con intensità e
ironia, Antonella racconta la sua esperienza di vita, tra il dramma e i momenti più lievi,
tra un sorriso e una riflessione, soffermandosi sulle sue esperienze di artista con
disabilità. La scoperta della diagnosi, la volontà di combattere la malattia con il
sorriso e con la forza dei propri obiettivi e delle proprie passioni, l’importanza della
famiglia e degli affetti come sostegno indispensabile sono temi trattati con una forza
vitale e carisma esplosivo: «Sono un’attrice nata in teatro: tornare sul palcoscenico con
uno spettacolo sulla mia vita è una sfida che non vedo l’ora di vincere! – afferma
Antonella – e con questa interpretazione ho voluto dimostrare che uno spettacolo che tocca
anche temi sociali non deve necessariamente essere drammatico. Ci si può divertire anche
parlando di disabilità e di tutti quei luoghi comuni che, spesso, la accompagnano nella
sua rappresentazione mediatica!». È proprio la danza ad aprire lo show, ma si tratta di
una danza “diversa” dove anche le sue inseparabili stampelle decorate prendono vita a ritmo
di musica. La scenografia rappresenta una grande ragnatela che raccoglie tra i suoi fili
oggetti che appartengono all’epoca dell’infanzia e dell’adolescenza come una bicicletta,
un tutù con le scarpette o ancora un paio di sci; tutto questo costituisce la metafora di
una malattia che ruba e trattiene, senza restituire abitudini, desideri e sogni. È
possibile vivere normalmente la disabilità? Antonella ce lo insegna con un messaggio
potente e rivoluzionario, che scardina pregiudizi e ottusità di questa società.
È davvero incredibile cosa possa fare la forza di volontà! I sogni sono il motore delle
nostre azioni e diventano la spinta motivazionale di ciò che siamo. Secondo la filosofa
Hannah Arendt, l’uomo si realizza nell’azione, perché è un “chi” venuto al mondo per
compiere qualcosa. In questi giorni sono rimasta incantata dalla testimonianza di Sue
Austin, un’artista disabile che ha fatto della sua condizione un’opera d’arte.
Creating the Spectacle è un video spettacolare. Le immagini che scorrono sul web sono
frames fiabeschi di una creatura meravigliosa che riesce a fare attività subacquea con
la sua sedia a rotelle negli abissi del mare. Come una sirena, Sue danza con i pesci,
creando coreografie di colore e fulgida bellezza. La ragazza dichiara in
un’intervista: «Sono qui per parlarvi della mia sedia a rotelle e della libertà che mi ha
donato!». Sue racconta infatti di come questo ausilio le abbia dato la possibilità di
spostarsi nuovamente, dipingere, creare e viaggiare nel momento in cui non è più stata in
grado di deambulare in autonomia. Inizialmente sentiva il contrasto del suo sentimento
di assoluta indipendenza con lo sguardo della gente, che inevitabilmente collegava la
sua condizione ai concetti di limite, restrizione, pietà e sofferenza. Per questo Sue
ha voluto stravolgere completamente questa visione, lanciando un messaggio forte e
artisticamente sublime. Una delle prime espressioni artistiche del suo nuovo percorso è
stato Traces from a wheelchair (Tracce da una sedia a rotelle), in cui Sue ha “disegnato”
con la sua sedia forme tondeggianti su enormi fogli di carta o sul prato fuori dalla
galleria in cui era ospitata la mostra.
«Nel 2005, quando cominciai a fare le immersioni subacquee mi resi conto che le
attrezzature da sub ampliano il campo delle attività, nello stesso modo in cui lo fa
una sedia a rotelle per una persona che non deambula; ma le associazioni mentali legate
all’attrezzatura subacquea richiamano emozioni e avventure, stati d’animo molto diversi
da quelli di chi si approccia a una persona su una sedia a rotelle. Per questo mi
chiesi: “Cosa succederebbe se unissi le due cose?” E la sedia a rotelle che ne è
risultata mi ha permesso di fare i viaggi più incredibili degli ultimi otto anni!»,
dice Sue.
Con un paio di motori, una pinna personalizzata e un pedale per timone infatti, Sue è in
grado di muoversi sott’acqua con facilità grazie a un veicolo dotato di propulsore e pinne.
Nella sua homepage l’artista racconta la sfida che ha affrontato: «La mia pratica per anni
si è focalizzata sui modi per capire e rappresentare la mia esperienza da disabile
sulla sedia a rotelle, dando vita a profonde conclusioni sui metodi di
auto-rappresentazione e sul potere di raccontare sé stesse. La sedia a rotelle, quindi,
vista come un oggetto per dipingere e giocare. È stato emozionante vedere le risposte da
parte di persone interessate e sorprese. Sembrava di aprire nuove prospettive».
Come affermava Kandinskij: «L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe
comprimerla, e indica il contenuto del futuro».
Sue ha fatto tesoro di questo.
La settimana scorsa ci ha lasciati Stefano Borgonovo, 49 anni, ex attaccante della
Fiorentina e del Milan. Era da tempo malato di Sla e ha lottato fino all’ultimo contro
questa nemica subdola, che si è impossessata del suo corpo. La vittoria più grande resta
però quella di Stefano: la sofferenza gli ha permesso infatti di mettere in pratica il
cosiddetto “valore di atteggiamento” nei confronti della vita.
La sclerosi laterale amiotrofica è una patologia neurodegenerativa progressiva che
colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che
permettono i movimenti della muscolatura volontaria. La morte di queste cellule avviene
gradualmente nel corso di mesi, o anche anni. I primi segni della malattia compaiono
quando la perdita progressiva dei motoneuroni porta ad una progressiva paralisi.
Al momento non esiste una terapia capace di guarire la Sla: esistono dei farmaci per
ridurre i sintomi ed ausili per migliorare l’autonomia personale. Negli ultimi anni le
ricerche si sono moltiplicate e la speranza di trovare un rimedio definitivo si sta facendo
concreta.
La malattia è una forma di annientamento non solo per chi la vive, ma soprattutto per gli spettatori di questa realtà; molto spesso è proprio il mondo esterno ad andare in crisi di fronte al mistero della sofferenza umana, poiché viene aggredito nella sua integrità. La società darà protezione, ma, come contropartita, metterà la persona in posizione di dipendenza.
Al contempo però quando le capacità di sopravvivenza nell’uomo sembrano minimizzarsi, subentra una forza inspiegabile razionalmente, che forgia la persona, facendola risplendere di luce nuova. La malattia può divenire una ricchezza, nel momento in cui stravolge la prospettiva nella quale siamo abituati a vivere il quotidiano. Nell’infermità e nella dipendenza dagli altri, l’uomo è chiamato a vivere maggiori difficoltà, ma è comunque libero di scegliere il proprio destino in base alla capacità di adattamento e all’inventiva nel superare una difficoltà fisica.
Secondo Viktor Frankl, «chi soffre non può più formare il suo destino dall’esterno, ma la sofferenza gli consente di dominare il destino dall’interno. Trasportando la sua visione a un livello superiore, l’essere umano pone la sua esistenza su un gradino più alto. Questo vuol dire crescere». Una persona ammalata può essere una finestra sul mondo per i cosiddetti sani, in quanto può spingerli ad uscire dal bozzolo dorato della cosiddetta normalità e far rendere conto della complessità della natura umana.
Stefano ha fatto proprio questo, lasciando un patrimonio ricchissimo e prezioso e sensibilizzando l’opinione pubblica a tal riguardo. Fino all’ultimo, infatti, ha cercato di accendere i riflettori sulla condizione dei malati di Sla. Se ora molte persone conoscono la sclerosi laterale amiotrofica e sono venute a conoscenza di questa realtà, che coinvolge migliaia di persone nella medesima condizione di Stefano, è anche grazie alla sua incredibile testimonianza di coraggio.
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